Si è soliti pensare alla psicoterapia come ad un lungo e dispendioso processo, in realtà alcune modalità psicoterapeutiche si fregiano dell’aggettivo “breve”. Queste hanno in comune l’utilizzo di un numero limitato di sedute che varia a seconda del modello teorico di riferimento.
Il modello strategico, ad esempio, nasce da una sintesi e da una integrazione tra il lavoro clinico e teorico sull’ipnosi prodotto da Milton Erickson, le teorie sistemiche, lo studio sulla famiglia e sulla comunicazione del gruppo di Palo Alto, guidati da Bateson e Jackson. (Watzlawick e Nardone,1990, p. 49-50)
L’oggetto della terapia strategica è la relazione tra il soggetto e l’ambiente circostante.
Le relazioni sono co-costruite e l’interazione tra soggetti si fonda sulla comunicazione.
Il sintomo è un atto comunicativo, ha un’utilità per il soggetto e non è più visto come l’effetto di una malattia sottostante.
Il terapeuta deve avere chiarezza delle tentate soluzioni del problema e delle reazioni ad esso che il paziente mette in atto, al fine di determinare una strategia di azione per poter avviare un processo di uscita dall’impasse.
Un piccolo cambiamento all’interno di un sistema rigido produce una reazione a catena che finisce con il modificare tutto il sistema.
Il terapeuta è mosso da obiettivi minimi di cambiamento, ma il suo lavoro è finalizzato ad ottenere un concreto cambiamento della situazione problematica (Watzlawick e Nardone,1990, p.61).
Le strategie usate dal terapeuta hanno il fine di provocare un’emozione correttiva nel paziente, ovvero la possibilità di ri-sperimentare una situazione difficile o conflittuale ma con una nuova conclusione, che può innescare nuovi cambiamenti (Verrastro, 2004, p. 43).
Articolo a cura della
Dr.ssa Dott.ssa Francesca Zoppi
Psicologa Psicoterapeuta a Roma e Nettuno
Psicologa Psicoterapeuta
Partita IVA 11231881001
Iscritto all'Ordine degli Psicologi della Regione Lazio col n. 17319 dal 20/10/2009